giovedì 3 dicembre 2009

La Culotte Agressive - Mutatis Mutandis

Casa mia è molto piccola. Quando dico molto piccola, intendo dire che è un buco di 12 mq in cui tutto deve trovare il suo posto. In casa mia regna l'ordine più assoluto. Libri in ordine, posate in ordine, scarpe in ordine. E mutande in ordine.
Le mie mutande sono divise in pile tematiche:
- mutande anonime: sono quelle senza infamia e senza lode, da tutti i giorni, perfette per lo sport se mai mi venisse l'idea suicida di fare sport;
- mutande della solitudine: dette anche mutande del pleistocene, hanno fino a 15/16 anni di vita; sono per lo più regali di qualche parente anziano e presentano motivi a nido d'ape o floreali. Si usano nei periodi di abbrutimento e/o malattia;
- mutande da mestruazioni: ne sopravvive un unico esemplare, ex-bianco, ascellare e bucato;
- mutande non-si-sa-mai: risalgono agli ultimi anni del liceo ma sono ancora in buono stato. Pseudoinnocenti, si usano per feste o serate con possibilità di incontri e ai primi appuntamenti.

E poi ci sono le mutande strafighe, le mutande dionisiache, le mutande champagne-e-fragole. Quelle che, in una memorabile sessione di cazzeggio pre-prove, sono state ribattezzate una volta per tutte "Culottes Agressives".
Le culottes agressives sono avvolte in una speciale velina per proteggerle dalla polvere ed evitare che si impiglino in qualche scheggia o simile, e ovviamente vengono lavate a mano.

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Quando ero piccola, molte delle mie amiche avevano in casa una stanza speciale, segreta, i cui mobili rilucevano discreti nell'oscurità perpetua; era una stanza immensa, affascinante e proibita: era il Salotto Bono. In casa mia invece c'era solo il salotto, dove tutti potevano entrare a piacimento, anche i cani; volgare stanza in cui si cena, si guarda la televisione, si litiga. Neanche un briciolo del mistero che circondava i Salotti Boni delle mie amiche.
Poi il tempo ha portato il disinganno.
E' venuto fuori che il Salotto Bono non svelava i suoi segreti, come credevo io, in occasione di balli principeschi o di riti misteriosi. Semplicemente, veniva il capufficio a cena, e allora gli davano l'arista con le patate nel Servito Bono, stappavano per lui i vini migliori, si vestivano tutti come a un matrimonio, gli leccavano il culo e ridevano alle sue battute. A cena finita, il capufficio era riconfermato nel suo ruolo di superiore e la famiglia tornava a rinchiudersi in cucina; il Salotto Bono veniva rilucidato e restava chiuso fino a una nuova serata dello stesso tipo.

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Penso spesso alle mie mutande. Penso che se le mie azioni avessero una qualche continuità con tutte le mie convinzioni teoriche, potrei tranquillamente portare le Culottes Agressives per fare la spesa. Invece l'idea non mi sfiora neanche. Non voglio ciò che voglio? Esatto. Di più, voglio ciò che non voglio. Sono pronta a lottare con le unghie e con i denti per ciò che non voglio, e non voglio permettere che qualcun altro possa volerlo.
Il capufficio non mi darà mai la promozione. Tra l'altro, io non la voglio, è un incarico che non mi piace, dovrei solo cambiare lavoro. Ma invito il capufficio a cena, lucido per lui il Salotto Bono, stappo i vini migliori e lo faccio sentire un dio. Voglio disperatamente che mi proponga il posto che non voglio...... Ma lui beve il mio vino, fa un macello nel Salotto Bono, rompe un piatto del Servito Bono, magari gli scappa anche un rutto di soddisfazione (come dargli torto, è stato così bene). E se ne va.

C'è aria di licenziamenti. So che sarò la prima. Una volta disoccupata, mi metterò una mutanda del pleistocene e mi chiuderò in cucina. (Non) me la sarò voluta.

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