domenica 18 aprile 2010

StripTease!

"Un mese senza valentino, e già questo blog stagna!" , si sarà detto qualche malevolo lettore. Ebbene, si sbaglia di grosso, perché mi basta tornare indietro nel tempo per trovare altri entusiasmanti soggetti... no, no, calmi, buoni, per favore, non sto parlando di M., non scriverò più una riga su di lui, giuro... (alcuni lettori, amici di lungo corso della blogger, all'espressione "indietro nel tempo" se l'erano già vista brutta e, temendo un ennesimo fiume di parole su questo tale M. - chi sarà mai? - avanzavano minacciosi e armati fino ai denti).
No, parrà strano, ma non sto davvero parlando di M. Né del Pakistano dei 20 euro. Né del marine dal volto umano. Neanche dei vari pittoriporconi di tutte le nazionalità.

Questa è una storia mai raccontata, questa è la Torbida Vicenda di Cristiano S.

Nel lontano 1989 avevo sette anni e, nonostante fossi una bambina di un'antipatia rara, avevo anche qualche amico; per noi bimbi di paese di vent'anni fa non c'erano playstation e computer e neanche cinema e giostre, ci si vedeva a casa dell'uno o dell'altro e si facevano giochi classici che ormai non vanno più di moda (o tempora, o mores), tipo
le signore, le mamme etc. Ora, nel lontano 1989 mi capitò di avere un amico maschio, un compagno di classe gracilino e brutto come il peccato, Cristiano S., per l'appunto, che viveva in una grande casa buia con un sacco di crocifissi alle pareti; in quella casa, il giorno del compleanno di Cristiano S., mangiai per la prima volta la nutella e le patatine finte nei sacchetti, e in più ricevetti in regalo un pagliaccetto di legno a forma dell'iniziale del mio nome: fui conquistata all'istante. Così cominciò la mia amicizia con Cristiano S., e fu una bella amicizia, perché era un bambino curioso e tranquillo con cui si poteva stare a guardare i fiori e le bestioline nei prati senza rischiare botte o prepotenze; certo però non ci si poteva giocare alle signore, perché lui era un maschio e io una femmina. Per la prima volta mi trovavo a dover considerare questa strana differenza tra i sessi e a doverla risolvere anche velocemente, in modo che io e Cristiano S. potessimo avere un altro gioco da fare una volta stanchi delle bestioline e dei fiori; con grande prontezza e lucidità (due qualità attualmente in via d'estinzione, ma allora ben presenti nel mio cervellino) proposi che le signore diventassero il signore e la signora, e le mamme, la mamma e il babbo. Cristiano S. accettò di buon grado, e iniziammo una lunga serie di episodi del tipo la mamma e il babbo fanno la spesa, la mamma e il babbo al ristorante, la mamma e il babbo leggono il giornale e accarezzano il cane, con grande soddisfazione di entrambi. A un certo punto, però, la mamma e il babbo avevano già piantato fiori, passato l'aspirapolvere, telefonato ad amici, ridipinto il soggiorno, pianificato le vacanze, sgridato i bambini per i brutti voti e spulciato il cane... a mio avviso avevano bisogno di un po' di meritato riposo, e proposi di passare alla tappa la mamma e il babbo vanno a letto. Cristiano S. si disse d'accordo e si stese subito sul letto, con le scarpe, gli occhiali e tutto. E lì mi ribellai: che si è mai visto uno che dorme vestito di tutto punto? Non pretendevo un realismo da regia stanislavskiana, ma un minimo di buon senso sì: iniziai così a spogliarmi con molta calma, golfino maglietta pantaloni calzini mutande, per poi infilarmi sotto le coperte. Per il povero Cristiano, nomen omen, fu troppo: con mia grande sorpresa, si tappò gli occhi con le mani e prese a gridare NO BASTA SMETTI SMETTI, e scoppiò in lacrime quando vide che non accennavo a fermarmi; a me dispiaceva molto che lui soffrisse per una cosa tanto normale, e cercai di farlo ragionare spiegandogli molto tranquillamente che i miei genitori si spogliavano tutte le sere e che anche i suoi senza dubbio lo facevano, ma il mio discorso, invece di rassicurarlo, lo terrorizzò ancora di più: NON E' VERO, I MIEI GENITORI NO, I MIEI GENITORI NO, urlava. E così ci trovò finalmente la mia mamma quando venne con la merenda e subito mi fece rivestire, cosa che trovai sommamente ingiusta e irragionevole; Cristiano S., dal canto suo, non si fidava più neanche di lei e volle tornare a casa.
Venne il suo babbo a prenderlo, un signore secco secco e alto alto (o forse alto alto sembrò a me piccola piccola) con la cravatta, che faceva il notaio; trovò il figlio in lacrime e parlò col mio babbo in giardino. Non so cosa si siano detti, li osservavo da lontano, ma mi ricordo perfettamente che nell'erba c'era un grillo che cantava, e che il babbo di Cristiano S., esasperato da quel suo cri cri monotono, lo schiacciò con la sua scarpa da notaio. Vent'anni fa cosa fosse un simbolo non lo sapevo ancora, ma quel signore allampanato non mi piacque per nulla, e per molto tempo ho avuto una gran paura dei notai.

Da quel giorno non vidi più Cristiano S., né a scuola né in paese. La sua rapidissima sparizione dalla mia vita resta un mistero, davvero non capisco come abbiano fatto i suoi a "proteggerlo" così bene dalla mia nefasta influenza; la mia mamma mi spiegò poi che erano persone un po' rigide, e che era meglio perderle che trovarle. Prima di scrivere questo post, ho cercato Cristiano S. su google e su facebook: l'ho trovato fotografato su uno scoglio, capello lungo, slippino nero striminzito e tentativo di addominale figo; pare faccia il pittore e abbia una galleria d'arte. Tiro un sospiro di sollievo: forse quel pomeriggio del 1989 sono riuscita a turbarlo per davvero.