mercoledì 5 maggio 2010

De Caritate

Io ho un problema riguardo ai mendicanti.
Qualche tempo fa, quando ancora uno o due provini all'anno li facevo, il mio cavallo di battaglia era un pezzo di Benni che iniziava (e inizia ancora, se mai mi decidessi a rispolverarlo) così. Io ho un problema riguardo ai mendicanti. Non ha la stessa poesia di Galoppate veloci, cavalli dai piedi di fuoco alla dimora di Febo, ma funziona, il regista ride e la parte è tua. Cioè mia. Ma nonostante l'amarcord sui miei vent'anni sia uno dei miei passatempi preferiti (proprio come se fossero stati esaltanti per davvero), non è per questo che oggi ripenso al pezzo di Benni. E' che io ho un problema riguardo ai mendicanti. Le lettere dritte indicano che mi assumo le mie responsabilità. Prima di tutto, definiamo la categoria: per mendicante intendo qui, con una generalizzazione spietata, ogni persona fisica o associazione dedita alla richiesta di denaro in luoghi pubblici, contro merci, servizi o niente. Ergo una forchetta che va dal barbone col cagnolino (il barboncino, appunto), al volontario della croce rossa che ti chiede il bonifico permanente; sono esclusi invece quelli che ti fermano coi questionari sulle mozzarelle e i deodoranti, che non solo non chiedono soldi, ma a volte ti regalano anche qualche gadget a intervista finita, tipo dei magneti da frigo a forma di ricotta o addirittura campioncini di dopobarba. Personalmente adoro rispondere alle inchieste di mercato, sono minuziosissima nell'indicare quanti pacchi di pasta compro al mese, quante volte uso il disincrostante per wc, se preferisco il succo di mango o quello di frutto della passione. Ma torniamo ai mendicanti, e analizziamo meglio i molteplici aspetti del problema che essi rappresentano per la mia coscienza. Il mendicante comune, il modello base, per così dire, è quello che sta seduto per strada col piattino/cappello/bicchiere, zitto, spesso dormiente o comunque con l'occhio perso: è il più facile da oltrepassare con la coscienza pulita, in fondo, mi dico, la sua richiesta non è esplicita, quantomeno non è ben formulata (la presenza del piattino non vuol dire necessariamente che i passanti vi debbano deporre delle monete) né ben perorata (il presunto richiedente non guarda neanche i suoi potenziali benefattori). Poi c'è il mendicante col cartello, e lì tutto dipende dal cartello, appunto, che deve innanzitutto essere chiaro e sintetico perché il passante non debba stare tre ore a decifrarlo prima di stufarsi e proseguire; inoltre bisogna che sia verosimile: se tu mendicante mi scrivi che hai diciotto figli, di cui nove ciechi, uno monco, cinque alcoolizzati e tre ciechi, monchi e alcoolizzati, io mi sento autorizzata a trottare via col ghigno di chi ha capito l'inganno e non si è lasciato abbindolare. Nel caso poi in cui il cartello dicesse la verità... sei troppo sfigato perché il mio misero euro ti possa aiutare. La terza sottocategoria, mendicante con bambino o cagnolino (ah, Benni...), a mio avviso si è già autocondannata al fallimento, perché la maggior parte dei passanti - me compresa - si fa scudo col mantra non cederò al tuo vergognoso ricatto. Fallimentare anche la strategia di quelli che pregano con la faccia sul marciapiede (non mi hai visto, posso far finta di non averti visto neanch'io) e di quelli che gemono per favore a ripetizione, anche quando non passa nessuno (se la tua richiesta non è indirizzata in modo preciso, io non mi sento chiamata in causa). Questo per i mendicanti passivi. Poi ci sono quelli attivi, cioè quelli che si alzano, ti parlano, cercano o meno di venderti qualcosa. Lì per me è un disastro: la mia coscienza non prevede la possibilità di ignorare completamente qualcuno che mi sta chiaramente rivolgendo la parola (e questo è il motivo per cui mi fermo a dibattere anche con tutti i loschi figuri che mi propongono svariate pratiche sessuali), perciò, cortesemente, li ascolto e sorrido. Il guaio è che questo mio atteggiamento incoraggia il mendicante/venditore, che si sente sempre più sicuro del mio contributo man mano che la conversazione prosegue; io intanto penso a tutti i modi onorevoli per venirne fuori senza cavare un centesimo, ma spesso mi dico che ormai è troppo tardi e scucio la monetina, scusandomi di non avere di più (ho sviluppato tutta una tecnica per non far tintinnare eventuali altre monetine e poter così dire non ho altro). Quando riesco a farmi coraggio, opero invece una severa selezione in base alla simpatia del mendicante, per esempio al tipo che sta tra l'edicola e il negozio di surgelati do la monetina volentieri perché è gentile e divertente, mentre a quello che cerca di vendere dei quadretti a Saint-Michel con la scusa di finanziare uno spettacolo teatrale no, perché è particolarmente stronzo: in un momento di rara fiducia in me gliel'ho anche detto, je ne vous donnerai rien parce-que vous etes très désagréable. Ma l'ostacolo più difficile sono i peroratori di cause nobili: lì, l'unica soluzione è non farsi fermare, ad ogni costo; si può far finta di parlare al cellulare, guardarsi intorno con aria stranita come in cerca di una via e poi cambiare direzione all'improvviso (eureka), correre affannosamente a un appuntamento inesistente. Impossibile, almeno per me, entrare in un negozio, comprare qualcosa e non fermarsi a parlare col peroratore di cause nobili: hai i soldi per comprarti le scarpe, e non vuoi fare un bonifico a favore degli orfani ugandesi? (ah, Benni/2...) Un tempo era facile, non avevo un conto corrente e il bonifico proprio non avrei potuto farlo: allora camminavo raggiante tra tutti i peroratori di cause nobili, mi facevo fermare, ascoltavo, facevo domande, e alla fine mi dispiacevo di non poter contribuire... lo so, potrei semplicemente continuare a dire che non ho un conto corrente, ma la bugia semplice la mia coscienza non la ammette, pretende solo menzogne a metà o menzogne creative... Sempre parlando di peroratori di nobili cause, vale la pena soffermarsi su tre esempi atipici : 1) I sordi. I sordi sono divertentissimi, ti arrivano alle spalle o ti fanno grandi cenni per fermarti, quasi tu fossi un aereo, poi ti porgono un foglio da firmare e vogliono cinque euro, giustificandosi col solo fatto d'esser sordi (tutto questo è spiegato nel foglio che devi firmare): ora, è chiaro che è una truffa bell'e buona, ma come glielo dici al sordo che i cinque euro non glieli dai? Personalmente, mettermi a fare gesti bizzarri per strada non mi viene naturale; invece mi ritrovo a urlare in faccia al sordo NO NO CINQUE EURO NO NO DARE, con l'intima certezza che un linguaggio povero e un volume elevato mi rendano comprensibile a chiunque. Il sordo mi guarda basito, e io me ne vado esasperata, dicendomi che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. 2) I gay. Tempo fa vado a fare scorta di tè, e mentre torno a casa mi ferma questo tipo e mi fa: Buongiorno, sono di un'associazione di gay discriminati che per vivere si prostituiscono. Però vogliamo smettere di battere, per cui vendiamo un libro (ciclostilato, ndr) di storie porno gay a fumetti. Costa quindici euro. Se me ne dai venti ti do un bacio. Cazzo. Lì mi sarebbe piaciuto chiedergli come mai erano ridotti a tanto, invece di denunciare chi li discriminava e di scrivere magari una bella lettera al sindaco, gay pure lui... però ho avuto paura che il tipo si offendesse e classificasse anche me come omofoba, cosa che non avrei potuto sopportare per niente al mondo, e quindi gli ho sganciato ben due euri, rimandando l'acquisto del fumetto porno e il bacio a un'altra occasione e complimentandomi per la lodevole lotta all'oppressore, quasi non fossimo a Parigi, ma in una nazione arretrata come, che so io, l'Italia. 3) La lotta all'AIDS. Quelli della lotta all'AIDS sono inquietanti; non fraintendetemi, non sto parlando dei volontari che raccolgono fondi per la ricerca , con il gazebo, l'azalea e tutto: questi sono muniti solo di un formulario per le firme, una cassa per i soldi e un tavolo ricoperto da una tovaglia verde, e sono sempre in strada, con la pioggia o col sole. Combattono l'AIDS a mani nude, per così dire. Nel resto d'Italia (qui parliamo d'Italia) non so, a Firenze hanno la base in via Roma, ma per evitarli a volte non basta neanche fare tutto il giro di Orsanmichele, perché mandano uomini in borghese a reclutare passanti in tutto l'isolato; una volta che ti hanno accalappiato, cosa in cui sono abilissimi, ti chiedono almeno dieci euro contro l'AIDS e una firma, e soprattutto, non mollano mai la presa. Ripeto, non dieci euro per la ricerca, semplicemente dieci euro per dire No all'AIDS, per spaventare a colpi di biglietti di banca questo temibile signor AIDS. Però sul loro formulario, alla voce "professione", puoi scrivere attrice e sentirti figa.
Nonostante tutto ciò che ho scritto finora, ho scoperto di avere un problema coi mendicanti soltanto ieri. Vado a fare la spesa vicino a casa, e davanti al minimarket c'è una coppia punk strafiga, con tutti gli spunzoncini e il trucco e le spille da balia al posto giusto; un'anonima donnina esce dal negozio con le buste della spesa, e la ragazza le chiede dei soldi; la donnina dice no e prosegue. La ragazza allora le urla dietro Sì sì, continua così, resta come sei ché fai bene, e ride insieme al suo ragazzo. E lì mi è montata una rabbia... Allora, casomai un Tizio o un Caio che non mi conoscono capitassero su questo blog: non ho nulla contro i punk, anzi, quanti bei (?) ricordi... però il mix di idiozia e strafottenza mi dà veramente sui nervi e, informazione sempre a beneficio di Tizio, perché qualcosa mi dia sui nervi ce ne vuole. Si finisce a chiedere l'elemosina per tanti motivi, che non starò qui a giudicare se siano legittimi o no, ma condizione necessaria per farlo è il bisogno. Ora, se si hanno diciott'anni, un trucco perfetto, una graziosa gonnellina tarlata, un magnifico bustier con un sacco di borchie e degli stivaloni lunghissimi con le zeppe, più una serie di gioielli pieni di teschi, difficilmente si può sostenere di aver bisogno dell'elemosina altrui; per chi rifiuta il mondo e il "sistema", tentazione comprensibile di questi tempi, ci sono svariate possibilità, dal farsi frate francescano al ritirarsi su una montagna vivendo di caccia e raccolta: per i più insofferenti esiste la possibilità di stordirsi in qualche paradiso artificiale, a patto però che si facciano di peyote o simili senza comprare droghe sintetiche dalle organizzazioni criminali che affamano i poveri della terra e distruggono il pianeta... o no? In ogni caso, la scelta tra fottere il sistema e lo smalto nero Chanel si impone. Vero è che lo smalto Chanel è bellissimo. Vero è, anche, che non si può pretendere una piena coscienza di sé e del mondo da un diciottenne, e che un po' di pseudoribellione non ha mai fatto male a nessuno, che passerà, che non c'è bisogno di prendersela, sono solo un po' idioti, son solo ragazzi.
Appunto. Mi sa che sto invecchiando.